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ASC NEWS

12/07/2017
Paese Poesia luglio 2017 - Belvedere Ostrense

Il maestro Carlo Iacomucci, recentemente, ha partecipato, in qualità di ospite, alla decima edizione del premio di poesia dedicato a "Biagino Casci" a Belvedere Ostrense, per aver illustrato, con una sua opera, la copertina del librocatalogo dove sono riportate le poesie dei premiati, l'invito cartaceo e il manifesto.
Per l'occasione, l’artista ha donato due sue opere incise, che sono state consegnate, come premio, ai finalisti del concorso. In segno di riconoscenza, sono state dedicate all’'artista Iacomucci sei pagine all'interno del librocatalogo "PaesePoesia 2017", contestualmente ad un breve testo critico della dott.ssa Patrizia Minnozzi (laureata in giurisprudenza, vive a Macerata. Ama l'arte, la fotografia,e la tecnologia).

L'incisore Carlo Iacomucci nasce nel 1949 a Urbino, città in cui, con serietà e costanza, ha potuto avvicinarsi, per gradi e per avvio naturale, alla grande tradizione della scuola urbinate, che porta avanti da circa 40 anni. Nella sua città natale, riceve la prima formazione artistica presso l’Istituto Statale d’'Arte, meglio noto come Scuola del Libro. Tra il 1969 e il 1970 vive a Roma, dove frequenta stamperie d’arte, studi e ambienti artistici, maturando la passione per l’'incisione e, in modo particolare, per l’'acquaforte. Si iscrive quindi al Corso Internazionale della Tecnica dell’'Incisione Calcografica che si tiene sempre ad Urbino.
La necessità di approfondire, lo stimola poi a frequentare, per soli due anni, la sezione di pittura dell’'Accademia di Belle Arti della stessa città. Nel 1973 inizia la sua esperienza didattica, che prosegue fino al 2008: insegna Discipline Pittoriche all’'Accademia di Belle Arte di Lecce, poi al Liceo Artistico Statale di Varese ed infine all’'Istituto Statale d’'Arte di Macerata, dove vive ed opera. Dal 1972 ha partecipato a numerose collettive e personali sia in Italia che all'estero, realizzando anche edizioni d'arte con acqueforti. 

Immagine: Carlo iacomucci - Il giglio di San Giuseppe




22/12/2016
CIBO CARTE e ARTE - Mostra di Artisti Contemporanei dalla collezione di ASC Arte Sacra Contemporanea

Domenica 8 gennaio 2017
Ristorante Il Clandestino
Via Rosmini 5
Stresa VB - Italia

Nella splendida cornice del Verbano, presso il rinomato Ristorante di pesce “Il Clandestino” dello Chef Franco Marasco, avrà luogo l’evento “CIBO CARTE e ARTE” che comprende, una mostra di opere d’arte di Artisti Contemporanei Italiani ed Internazionali della Collezione ASC Arte Sacra Contemporanea, un pranzo esclusivo a base di pesce ed il Torneo di Burraco del Lago Maggiore. In mostra opere di giovani artisti e di artisti affermati: Ilaria Forlini, Nicola Liberatore, William Xerra, Antonio Spanedda, Gabriele Di Maulo, Nina Paley, Alberto Gianfreda, Giovanni Morgese, Silvia Venuti, Federico Cozzucoli, Stefano Pizzi, Bios Vincent, Vieri Parenti, Tarshito, Debora Fella, Florine Offergelt, Enrico Del Rosso e Mauro De Carli, oltre ad un’opera grafica di Picasso. A scopo divulgativo, è disponibile una brochure dell'evento contenente tutte le informazioni sulle opere e sugli artisti e che verrà distribuita al pubblico che interverrà all’evento, per far conoscere il mondo dell’arte contemporanea e tema sacro e non 
www.associazioneculturalecreati
va.
it/processed/20161212-124957-KTIGR-NAS.pdf. L’evento si aprirà con l’inaugurazione della Mostra d’Arte e la visita guidata alle opere in esposizione, a cui seguirà il pranzo, il torneo di Burraco del Lago Maggiore ad invito riservato ai soci di ACC e la premiazione finale. Tra le opere esposte 4 verranno selezionate e assegnate, durante la premiazione, ai vincitori del Torneo. Le opere resteranno in visione al pubblico fino a lunedì 16 gennaio 2017 con orario ore 10,00-12,00 presso il Ristorante Il Clandestino di Stresa. Partner dell’iniziativa: Dal Negro, Luigi Francoli Grappe, Torraccia Del Piantavigna, Bottega della Cornice, Il Clandestino Ristorante di pesce.

Per informazioni:
info@associazioneculturalecreativa.it




25/10/2016
Un'esposizione dei maestri e dei migliori allievi dell'Accademia di Brera all'University of Art and Design di Joshibi, Tokio

Tra il 3 e il 18 di novembre p.v. nell’ambito delle celebrazioni per il 150° Anniversario delle Relazioni tra il Giappone e l’Italia una delegazione dell’Accademia di Belle Arti di Brera composta dal Direttore prof. Franco Marrocco, dal Responsabile per le Relazioni Esterne prof. Stefano Pizzi e da due allievi della Scuola di Pittura, Francesca Vitali e Simone Parise, si recherà a Tokio presso l’University of Art and Design.

La missione, organizzata dai proff. Stefano Pizzi e Tetsuro Shimizu prevede i seguenti principali appuntamenti:

- L’inaugurazione dell’esposizione “Opere dei Maestri di Brera e dei loro migliori allievi”:
- Franco MARROCCO
- Italo BRESSAN – Barbara Canali
- Roberto CASIRAGHI – Flavia Albu
- Giorgio CATTANI – Maria Castagna
- Italo CHIODI – Alice Fiorelli
- Marco CINGOLANI – Pietro Andrico
- Angelo Antonio FALMI – Gabriele Quarta
- Ignazio GADALETA – Saeed Naderi
- Renato GALBUSERA – Francesca Vitali Boldini
- Omar GALLIANI – Carolina Corno
- Gaetano GRILLO – Wang Hao
- Giordano MONTORSI – Lara Ilaria Braconi
- Stefano PIZZI – Simone Parise
- Simona UBERTO – Erika Costa
- Dany VESCOVI – Letizia Prestipino

- La partecipazione ai work-shop di produzione tradizionale giapponese della carta e dei pigmenti.
- La tenuta di conferenze sull’Alta Formazione Artistica in Italia e a Brera a cura del Direttore prof. Marrocco e del prof. Pizzi.
- La tenuta di una conferenza sulla propria ricerca e di un workshop del prof. Pizzi, coadiuvato dagli allievi Parise e Vitali ed alcuni allievi di Pittura di Joshibi, nell’ambito del quale realizzerà un’opera che verrà donata alla quadreria dell’Università.
Nel mese di gennaio del 2017 una delegazione dell’University of Art and Design di Joshibi sarà ospite dell’Accademia di Brera con un analogo programma.
L’Accademia di Belle Arti di Brera e l’University of Art and Design di Joshibi hanno firmato nel corso del 2016 un accordo bilaterale che prevede, oltre agli scambi culturali, la possibilità per gli studenti di entrambi gli atenei di frequentare i corsi dell’istituzione partner.




13/09/2016
La chiesa di Santa Croce in Padova Presentazione della guida

Dopo alcuni anni dalla pubblicazione della guida del Torresino, esce il secondo numero della collana I luoghi dell'arte e della fede, dedicato alla chiesa di Santa Croce in Padova.

La chiesa di Santa Croce in Padova
a cura del Museo Diocesano di Padova
testi di Patrizia Dal Zotto

La guida sarà presentata al pubblico giovedì 15 settembre, ore 21.00, presso la Sala del Redentore in Corso Vittorio Emanuele II, 174, in occasione della Festa della Comunità della parrocchia di Santa Croce.

Interverranno
Andrea Nante
Carlo Cavalli
Patrizia Dal Zotto

L'ingresso è libero.

Il Museo è aperto con in seguenti orari:
da giovedì a sabato 15.00-18.00
domenica 10.30-13.00; 15.00-18.00

 




14/06/2016
IOTIAMO Capsula del Tempo di Antonio Spanedda

Il progetto artistico IOTIAMO dell'artista novarese Antonio Spanedda si arricchisce della CAPSULA DEL TEMPO concepita come un’opera d’arte per viaggiare nel futuro. In questa declinazione tecnologica e creativa del progetto d'arte contemporanea IOTIAMO i giovani sono inventori del proprio futuro, attori protagonisti, futuri spettatori e portatori di emozioni positive per cambiare il mondo.
E’ già stato provato che i viaggi nel futuro sono potenzialmente possibili. Le basi concettuali dei viaggi nel tempo affondano le proprie radici nella teoria, ben verificata, della Relatività Generale di Einstein, di cui a breve ricorre il centenario. Un filo conduttore che unisce lo studio di un possibile viaggio nel tempo nel macrocosmo e microcosmo sono proprio le CTC, ovvero quei percorsi temporali chiusi che connettono il passato e il futuro in modo circolare, consentendo una violazione della cronologia, ma pur preservando il principio di causalità. 
Per Spanedda IOTIAMO Capsula del Tempo è un esperimento artistico, e riguarda un tipo di viaggio nel tempo molto diverso da quello previsto dalla relatività generale e dalla meccanica quantistica. In questo progetto possono partecipare tutti coloro che desiderano viaggiare nel futuro attraverso un'opera d'arte, diventando attori protagonisti oltre che futuri spettatori. A differenza delle capsule del tempo che solitamente sono sotterrate, IOTIAMO 2045 Capsula del Tempo è un'opera visiva, da esporre nella scuola, in un'abitazione, in un museo.
Il primo "viaggio nel tempo" è stato fatto con i bambini della Scuola Primaria dell’Istituto Maria Ausiliatrice di Novara il 20 novembre 2015. I bambini hanno partecipato con entusiasmo al primo Happening della Capsula del Tempo, ed hanno registrato i loro video messaggi per il futuro.
Grazie a questo progetto l'artista ha incontrato molti giovani ed ha scoperto che moltissimi di loro credono ancora nell’amore, nell’amore per la vita, per i genitori, per gli amici. Sono più attenti alle persone, alle diversità, all’ambiente ed essendo capaci di inventare nuovi linguaggi, sono molto creativi. 
Essi sono la prima generazione globale, con valori e modi di pensare convergenti, e per questo motivo hanno bisogno di un riconoscimento sociale.
"IOTIAMO 2045 Capsula del Tempo" con una cerimonia ufficiale il 21 maggio 2016 è stata consegnata all'Istituto Maria Ausiliatrice di Novara che avrà il compito di custodirla fino a quando verrà riaperta il 24 ottobre 2045.
La capsula è stata registrata al Collegio Oglethorpe The International Time Capsule Society ad Atlanta U.S.A. 

Al fine di raccogliere fondi per portare questo progetto ad altri bambini in altre scuole italiane è stato attivato un crowdfunding su www.eppela.com. Per ogni donazione sono previste delle ricompense.

Saper ascoltare e valorizzare il mondo giovanile è un dovere primario di tutta la società.




24/03/2016
L’arte del fare GIANNINO CASTIGLIONI Scultore

Giovedì 31 marzo alle ore 18 alla Biblioteca Ambrosiana (Piazza Pio XI, 2 Sala delle Accademie) verrà presentato il volume  L’arte del fare GIANNINO CASTIGLIONI Scultore (Skira editore). Il bellissimo libro è il risultato delle recenti ricerche rivolte alla rivalutazione dell’attività di Giannino Castiglioni (Milano 1884 – Lierna 1971), uno tra i più importanti pittori, incisori e scultori del Novecento italiano. L’opera, curata da Eugenio Guglielmi, attraverso testimonianze dirette e studi monografici di giovani e accreditati studiosi, nonché inediti materiali d’archivio, mette in evidenza la formazione dell’artista e il suo rapporto con l’ambiente milanese nel clima culturale a cavallo tra il tardo simbolismo ottocentesco e il nascente Liberty. Particolare attenzione viene data alla formazione di Castiglioni presso l’Accademia di Brera e alle opere che lo resero celebre, tra cui ricordiamo quelle presenti al Cimitero Monumentale, i Sacrari dedicati ai Caduti della Prima Guerra Mondiale e la Porta del Duomo di Milano. Un capitolo riguarda, infine, lo studio dei 350 gessi conservati presso il Comune di Lierna, dono degli eredi, nell’ottica della creazione di una Gipsoteca da inserire nei percorsi provinciali e regionali lombardi.

INGRESSO LIBERO 


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24/03/2016
PASQUA E PASQUETTA APERTI TUTTI I GRANDI MUSEI STATALI

In occasione delle prossime festività di Pasqua e del Lunedì dell’Angelo i musei, le aree archeologiche e i luoghi della cultura statali resteranno aperti. Domenica 27 e lunedì 28 marzo i grandi musei statali rimarranno aperti, rispettando il normale piano tariffario. Una apertura straordinaria in tutta Italia dagli Scavi di Pompei alla Pinacoteca Brera, dal Castello di Miramare di Trieste al Museo Nazionale Archeologico di Napoli, da Paestum agli Uffizi, dal Foro Romano e Palatino al Cenacolo Vinciano, dalla Reggia di Caserta al Colosseo, dalla Galleria Nazionale di Arte Moderna di Roma ai Musei Reali di Torino, dal Museo d’Arte Orientale di Venezia a Castel Sant’Angelo, dal Museo Egizio al Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria.

Per informazioni:
http://www.beniculturali.it/
mibac/export/MiBAC/sito-MiBAC/Contenuti
/MibacUnif/
Comunicati/visualizza_
asset.html_1151786380.html

 




27/02/2016
La Misericordia Spettacolo teatrale di e con Lucilla Giagnoni

Lunedì 29 Febbraio 2016, h 21:00
Chiesa di San Graziano
Arona (NO), Italia

"Beati i Misericordiosi, perché riceveranno Misericordia"

A partire dalla Misericordia come virtù della reciprocità, l'interpretazione di Lucilla Gianoni ci guiderà in un percorso antropologico e spirituale: la beatitudine evangelica della Misericordia si erge a virtù morale e condivisa del vivere civile. La rappresentazione dell'incontro tra fede e dimensione civica nella vita di comunità prende forma sullo sfondo del Duomo e del Palazzo della Ragione, luogo d'intreccio tra l'autorità religiosa e il potere civile, per celebrare un valore condiviso, quello di Misericordia appunto, le cui radici affondano nella storia antica. A cura di: Vicariato dell’Aronese; Parrocchia di Arona; Associazione Partecipazione e Solidarietà.




25/02/2016
L’ENERGIA DEL FEMMINILE NEL BUDDHISMO TIBETANO

SABATO 5 MARZO 2016 - dalle ore 11 alle ore 13 e dalle ore 14 alle ore 16
CELSO - ISTITUTO DI STUDI ORIENTALI
Dipartimento Studi Asiatici
Archivio Arti Contemporanee
BSA Biblioteca di Studi Asiatici
Galleria Mazzini 7 – 16121 Genova - Italy

Il seminario "L'Energia del Femminile nel Buddhismo Tibetano" che si terrà sabato 5 marzo nelle fasce orarie 11-13 e 14-16, verterà sui temi Le forme del divino femminile, Le divinità ‘naturate di spazio’, Archetipo femminile e materno e Donne di illuminazione, e sarà a cura della Prof.ssa Carla Gianotti, tibetologa, docente di lingua e cultura tibetana, autrice di numerose pubblicazioni tra cui: "Donne di illuminazione: Dakini e demonesse”, Madri divine e maestre di Dharma" (Ubaldini),  “La vita di Milarepa” (UTET), prima versione italiana della vita di Milarepa condotta sull’originale tibetano,  “Il Grande Sigillo: la conoscenza originaria di Maha Mudra” (Mimesis), “Cenerentola nel paese delle nevi” (Utet). Il Seminario e' ad iscrizione.

Per informazioni:
tel [+39] 010586556
info@celso.org
www.celso.org




25/02/2016
Symbols

4 – 26 marzo 2016
Genova Palazzo Ducale - Fondazione per la cultura
Sala Dogana
Piazza Matteotti, 9
Genova, Italia

Inaugurazione venerdì 4 marzo, ore 18
Orario: mar-dom ore 15-20 Ingresso libero

16 incisori hanno riletto in chiave contemporanea i simboli dei monumenti funerari presenti in alcuni cimiteri monumentali europei e 10 tra musicisti e danzatori ne hanno tratto coreografie. Dopo le residenze d’artista di Avilés e di Dundee realizzate all’interno del progetto Symbols, una mostra evocativa nata dalle suggestioni dell’arte funeraria.

Per informazioni:
palazzoducale@palazzoducale.
genova.it
www.palazzoducale.genova.it



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11/03/2011
Il corpo si fa assenza. Credo di un artista non-figurativo di Filippo Rossi

A fine agosto del 2008 ero con la mia famiglia a San Gabriele di Teramo, dove avevo un’opera esposta nella XIII° Biennale d'arte sacra contemporanea. Non avendo ancora visto l'allestimento, all’arrivo decisi di verificare subito se potevo accedere o vedere qualcosa, perlomeno dalle stanze esterne... Presi con me il figlio maggiore, che allora aveva sei anni. Giungendo sulla terrazza esterna, fui sorpreso di trovarvi una monumentale croce metallica, opera di Giuseppe Spagnulo. Bellissima, realizzata come un Tau fatto a dolmen, si stagliava sul Gran Sasso d'Italia e contemporaneamente proiettava l’ombra sulla terra, che ne diventava il piedistallo.
Mentre io mi limitavo a guardare la bellezza dell'opera, mio figlio fece quello che normalmente si dovrebbe fare con le sculture: la toccò, chiamando la mia attenzione sul fatto che la croce era calda. Allora anch’io la toccai. Era veramente calda, poiché - stando al sole tutto il giorno ne - aveva assorbito i raggi e, scaldandosi, al tramonto emanava il suo calore. Ecco allora nascere in me la voglia di abbracciarla, di stringerla—cosa che infatti feci. E solo in quel momento compresi fino in fondo il messaggio che l'artista voleva dare alla sua opera: questo calore era l'amore che Cristo lascia diffondere dalla croce. Un amore che viene emanato a prescindere, per chiunque. Per chiunque si avvicini e tocchi. Per chiunque non si fermi a guardare ma entri dentro il Mistero, sostando nel silenzio.
Sostando nel silenzio. Più di un anno dopo quest’esperienza, Benedetto XVI, in un breve discorso svolto nei vespri della prima domenica d’Avvento 2009, espresse un concetto simile. C’è bisogno, disse, di “sostare in silenzio per capire una Presenza”. Dio, con la morte di suo Figlio, non ci ha lasciato soli, assicurava il papa, ma (continuava) - per sentire la sua presenza e i segni dell'attenzione che ha per ognuno - è necessario il silenzio interiore e lo stupore.
Nel mio caso - come, credo, in quello di molti artisti che nei secoli si sono dedicati al Sacro cristiano -, raccontare il Mistero di salvezza attraverso le proprie opere significa mettere a nudo profonde e intime relazioni personali. Parlo della relazione tra l’artista, che trasforma la materia affidatagli, e la materia stessa; ma anche e soprattutto della relazione tra l’artista, che è creatura, e il Creatore che gli ha dato il suo talento e di cui l’artista è testimone. Infatti l’artista non ‘fa’ realmente l’opera che fa, ma diviene responsabile, secondo la sua intelligenza e volontà, di quello che rappresenta.
Tornano in mente molte idee elaborate nella Lettera agli Artisti di Giovanni Paolo II: l’artista, quanto più è consapevole del suo dono, tanto più è spinto a guardare a se stesso e all’intero creato con occhi capaci di contemplare e ringraziare, elevando a Dio il suo inno di lode. Solo così egli può comprendere a fondo se stesso, la propria vocazione e la propria missione. L’artista cioè nel silenzio ascolta lo Spirito e – se è ‘vero’ come artista, e coerente con ciò che sente -, può creare vera bellezza. La bellezza che nasce da opere d’arte realizzate in questo modo vuole essere infatti ‘Bellezza’, il riflesso della Bellezza increata. Solo questa Bellezza può farsi poi luogo di rivelazione dell’Assoluto, offrendo uno spazio ‘sensato’ per l’esperienza umana.
In questa prospettiva, la genesi di una mia opera intitolata Lux in tenebris è forse emblematica. Il quadro – che ha avuto una storia fortunata, pubblicato più volte in diversi volumi ed usato anche come copertina di un libro di metodologia critica -, nasce da un evento casuale. Del resto, nel mio modo d’operare – ma anche nella mia vita - prendo seriamente in considerazione l’imprevisto, quella sorte di casualità-non casuale, che irrompe nella giornata e ‘conduce’ a cambiare piani e i progetti previsti. Anzi, questi suggerimenti non chiesti si rivelano spesso come fonte inesauribile di meraviglie.
Lux in tenebris nacque proprio così. Una sera mentre rientravo a casa, con la testa ancora piena d’impegni lavorativi e già proiettata a quelli familiari, scorgo vicino ad un cantiere un vecchio tabellone di legno che probabilmente serviva per appianare un qualche scalino per il passaggio dei mezzi. Folgorato da questo oggetto, lo osservo da vicino, me ne prendo cura, lo porto in casa, lo pulisco, lo lavo, l’asciugo. Lo guardo da più parti e m’accorgo della sua intima bellezza: tutto il pannello è rovinato, ma quasi miracolosamente al centro rimane una lastra ‘intonsa’, con solo un piccolo squarcio, una sorta di ferita. Ecco allora che comincio a sognare una crocifissione trasfigurata: una barra d’oro, di luce, che emerge da un nero bitume ai lati resi ancora più rovinati dalla carta sovrapposta. La morte vinta dalla vita, il peccato sconfitto dalla grazia, il dolore sublimato dalla Misericordia. Era un sogno, ora è un’opera: l’arte è proprio questo, un sogno che s’incarna.
La bellezza che io cerco di creare nasce dalla luce, trasmessa soprattutto attraverso la foglia oro. Personalmente cerco la bellezza per servire alla verità, come fa ogni artista, credo. Cerco la bellezza nonostante la mia miseria, rispondendo alla chiamata rivolta a tutti nel vangelo cristiano. E cerco in me stesso, facendo mie le parole di Paolo VI all’inaugurazione della Collezione d’Arte Sacra Contemporanea dei Musei Vaticani: “Sì, l’artista moderno è soggettivo, cerca più in se stesso che fuori di sé i motivi dell’opera sua. Ma proprio per questo è spesso eminentemente umano, è altamente apprezzabile”.
Ecco infatti perché ho scelto il non figurativo: credo che esperienze ed eventi spirituali, più che essere narrati, vanno vissuti in prima persona e trasmessi in forma di dialogo personale con l’Assoluto.

La Chiesa e Arte
Negli ultimi cinquanta anni questo tipo di dialogo pneumatico è stato incoraggiato dalla Chiesa istituzionale, anche nell’incontro con gli artisti indetto da Benedetto XVI il 21 novembre 2009, a cui ero presente. L’obiettivo era di riannodare un filo che si era logorato da molto tempo, e questo incontro del 2009 infatti echeggiava un analogo evento di 45 anni prima, nella stessa Cappella Sistina, nel quale Paolo VI chiedeva agli artisti di costruire un ponte tra arte e fede. Dieci anni fa, poi, la già menzionata Lettera del Papa Giovanni Paolo II agli Artisti ripropose la stessa chiamata.
Ma perché la necessità di incontri e lettere particolari? Perché i due mondi - quello dell’arte e quello della fede - in questi ultimi tempi si sono avviati su sentieri divergenti, così rompendo una tradizione secolare. Così dai primi del Novecento, e soprattutto dal Concilio Vaticano II in poi, si è molto parlato della necessità di rinverdire il rapporto della Chiesa con gli artisti del nostro tempo, per non perdere quella fantasia comunicativa che è stata l’elemento caratterizzante degli edifici di culto e della rappresentazione della fede stessa nei secoli. Purtroppo il gusto moderno dei cattolici, clero e laici, è stato per troppo tempo legato ai fasti e alla tradizione del passato, e di conseguenza lontano dallo spirito della nuova evangelizzazione, incentrato sull’uomo contemporaneo.
Non sono mancati tentativi di rieducazione del gusto cattolico: ricordo ad esempio l’ardito progetto realizzato dalla Conferenza Episcopale Italiana, di una nuova edizione del Lezionario domenicale e festivo con immagini commissionate a artisti viventi, tra cui chi ora scrive. Una di queste, un’opera di Valentino Vago, mi permette di illustrare meglio il potenziale del non-figurativo. L’immagine, espressamente creata per l’Anno B del Lezionario e specificamente per la messa del giorno di Natale, è riprodotta a fronte al testo del Prologo di Giovanni.
Su un campo blu, leggermente più scuro ai bordi, irrompono all’improvviso in alto a sinistra tre raggi dorati che creano un bagliore accecante, un rettangolo di luce, al cui interno si nota un bianco ancora più incandescente. Anche senza i riferimenti tradizionali del presepio, degli animali e dei pastori, la novità dell’evento che ha cambiato la storia è sottolineata con dirompente capacità comunicativa nonostante l’idioma astratto. La luce qui diventa infatti grazia, diventa conoscenza del bambino nato in una stalla: Gesù Cristo, luce del mondo. Ora una simile opera non può essere considerata semplice decorazione; l’artista riesce a creare uno spazio ‘altro’, e la sua immagine diventa l’irruzione del totalmente altro in un luogo chiuso che improvvisamente si apre: diventa cielo, luce, epifania di presenze accennate nella trasparenza del bianco, quasi un preludio alla ‘nuova Gerusalemme’, come scrisse Giovanni Gazzaneo al momento della pubblicazione del Lezionario. Ha cercato – come scrisse Mons. Giuseppe Betori, segretario generale della CEI all’epoca della commissione del Lezionario e del suo corredo illustrativo – “di trasmettere il senso del vangelo del giorno del Natale, che è il prologo del vangelo di Giovanni, dove l’incarnazione è proposta anche come l’irruzione della luce che vince le tenebre”. Vago ha cercato cioè di esprimere nel linguaggio delle linee e dei colori il senso profondo di una lettura biblica altamente mistica, il testo in cui si afferma che “il verbo si fece carne” (Gv1,14), e solo chi pretende raffigurazioni letterali di “cose che occhio non ha mai visto, né orecchio udito” avrà problemi con il suo approccio.
Eppure a volte è proprio la Chiesa a guardare con diffidenza verso l’arte contemporanea. Tra il clero e i laici permane, in effetti, il sospetto che l’arte astratta – l’arte cioè aniconica - non sia adatta ad esprimere contenuti cristiani. Personalmente, pur provenendo da una formazione figurativa, ho preferito finalmente l’astrazione convinto che questa scelta offra una più ampia gamma di elementi autenticamente ‘religiosi’ - simboli, immagini archetipe - per esprimere un messaggio di fede vissuta. Essa costringe l’autore a mettersi in gioco: a dare lui stesso le chiavi al significato della propria opera che può essere non immediatamente percepibile da chi la osserva. L’importante è che, come afferma la Lettera di Giovanni Paolo II, anche nella raffigurazione del dramma o del dolore ci sia uno sguardo al Mistero, uno spiraglio di speranza. La vera arte è sempre appello rivolto al Mistero. D’altra parte, anche la prima arte cristiana non era figurativa ma fatta di simboli: immagini che, proprio per la loro forza evocativa, ancora oggi ci parlano.
Il cuore misterico della fede cristiana è l’impossibile fatto - non descritto nei vangeli ma semplicemente proclamato - della risurrezione di Gesù. Un altro esempio che vorrei addurre a difesa dell’efficacia del non-figurativo è perciò l’opera in travertino di Giuliano Giuliani intitolata: È risorto, non è qui! . Essa sviluppa il tema su due livelli distinti, il piano orizzontale il piano verticale; del messaggio orizzontale vediamo lo svuotarsi delle bende del sudario, così che laddove era prima avvolto il corpo adesso si fa a assenza. Nel piano verticale invece la benda sale in un moto spiraliforme suggerendo dove il corpo ora ha preso nuova vita. Le due sculture, il piano orizzontale e il piano verticale, non si negano a vicenda ma, anzi, coesistono, diventando una preludio dell'altra, il passaggio dal sabato alla domenica di Pasqua. È interessante notare anche che la materia scelta, il travertino, diventa qui un elemento di leggerezza e si ‘piega’ docilmente alla volontà dello scultore. Si sente inoltre che l’artista, svuotando la materia, ha svuotato se stesso per diventare capace di accogliere il Mistero. Scolpendo questa sindone abbandonata, ha avuto una sorta di ‘ri-velazione’ per cui riesce a vedere e a far vedere attraverso il velo.
Quest’opera del Giuliani è un esempio che concilia in modo perfetto abilità tecnica e sensibilità spirituale, perché la vera immagine della resurrezione come essa viene narrata nei vangeli è, infatti, il sepolcro vuoto con le bende riposte e il sudario piegato. Un corpo che non è più lì. Un corpo che si è trasformato. L'opera dell'artista in questo caso diventa una testimonianza personale della resurrezione, non soltanto un esercizio estetico ma addirittura una ‘professione di fede’. Questo è ciò che può essere presente nelle opere di ogni artista quando veramente egli è ispirato, quando, facendo tacere il proprio ego si mette a disposizione dell'Assoluto come semplice strumento. Ecco allora che viene inabitato dallo Spirito che lo vivifica e gli dà la possibilità di manifestare barlumi di trascendenza divina.
Un simile approccio così personale a contenuti universali può anche turbare chi si vede costretto ad aprire le proprie concezioni della fede per accogliere quella proposta dall’artista. Ma Benedetto XVI, nel suo discorso agli artisti il 21 novembre 2009, ha detto esplicitamente che essi devono provocare una ‘scossa’ nei loro contemporanei, affinché questi, invece di soprassedere tranquillamente alle scelte spirituali, morali ed etici che la vita impone, vengano spinti a decidersi per il ‘Bene’ o per il ’Male’.
Ma l’artista, per arrivare nella propria opera a una sintesi capace di toccare i contemporanei nell’intimo, consolando ma anche turbando il loro spirito, deve avere coraggio: il coraggio di respingere ciò che in termini estetici oltre che morali è «male» - cioè banale, ripetitivo, chiuso al divenire dello Spirito -, scegliendo invece il ‘bene’ di un uso della propria creatività aperta a Dio, anche a costo di scontentare qualcuno. Dall’altra parte – dalla parte della committenza, voglio dire - ci vuole il coraggio di investire concretamente nel nuovo: di abbandonare cioè un conservatorismo di mercato che fugge davanti al rischio dell'ignoto, preferendo minimi ritorni estetici, ma perfettamente ortodossi. Da ambo le parti ci vuole il coraggio di credere che l’imprevedibilità tecnica e lo stile personale in cui i messaggi vengono trasmessi possano essere suggeriti dallo Spirito che soffia come e dove vuole e che, soprattutto, l’uomo non deve e non può imbrigliare.
Proprio questa dimensione pneumatica provoca in molti cattolici un disagio non in primo luogo estetico ma concettuale, e ciò è strano. Noi che siamo disposti come credenti a lasciar frantumare le nostre certezze dalla Parola di Dio, pretendiamo che almeno l’arte che incarna la Parola sia fissa e tranquillizzante? Ci dimentichiamo forse che anche nel passato i grandi erano i ‘contemporanei’ del loro tempo? Io credo che la lettura ‘aperta’ della Parola fatta dagli artisti dell’oggi non escluda la comprensione ma, anzi, si offra come lettura partecipata, complementarità, reciprocità. Presenta cioè anche le infinite sfaccettature che ricalcano le suggestioni di ognuno di noi in quanto esseri unici. L'arte astratta non deve spaventare il cristiano, se Cristo stesso, Verbo umanato, pur nella concretezza del corpo assunto da Maria non esitò a presentarsi in termini lontani da ogni possibilità figurativa, come «via», «verità», «vita» e «luce» degli uomini.

Futuri sviluppi
Quella che Benedetto XVI ha affidata agli artisti nell’incontro del 21 novembre 2009 è una missione importante e una grande responsabilità: portare speranza in un mondo che ne ha sempre più bisogno. Io sono ancora commosso dalle parole del pontefice: ero il più giovane tra gli invitati. E’ stato un riconoscimento inatteso e anche una bellissima sorpresa, perché ho avvertito il senso di una chiamata personale, la conferma di un mio percorso nell’espressione del sacro attraverso l’arte che porto avanti da diversi anni. Papa Ratzinger ha ripetuto con forza le parole del suo predecessore Paolo VI – che cioè il mondo ha bisogno della Bellezza per non sprofondare nella disperazione –, sottolineando che il nostro compito è quindi di farci ‘araldi’ e ‘annunciatori’ della gioia, del coraggio e della speranza.
La cosa che mi ha più colpito, però, è stato il vedere il mio stesso senso di gratitudine, di stupore per questo invito anche in artisti più ‘grandi’, più affermati di me. C’erano intorno a me i più illustri nomi dell’arte contemporanea, felicissimi del fatto che la Chiesa si rivolga a loro: l’aria che si respirava era quella di una disponibilità sincera a mettersi a disposizione, di lavorare insieme alla Chiesa—una voglia di «aprirsi al sacro» che ha contagiato anche persone lontane da percorsi di fede, che hanno però riconosciuto il valore dell’appello che il Papa ha rivolto loro. E dal canto suo, papa Benedetto ha ricordato la precisazione del Concilio Vaticano II, secondo cui la Chiesa occidentale, non avendo lei uno stile artistico preordinato, si è sempre servita dei diversi linguaggi dell’arte, usando questa pluralità di lingue per comunicare l’unico messaggio della Salvezza.
Vorrei concludere riprendendo il filo dall’inizio, con l’opera che mi ha condotto alla Biennale di Teramo nel 2008: un mio grande trittico intitolato Magnificat, opera che hoscelto come home page del mio sito: www.filipporossi.info. Le tre tavole di dimensioni notevoli vanno a comporre una sola scena: il rendimento di grazie di Maria al suo Creatore. Ma il Magnificat di Maria ha la forma di un ‘cantico’ – cioè di un canto -, e così nel mio dipinto l’elemento centrale è la musica. Mentre dipingevo avevo presente il canto di gioia della Vergine, forte e potente, dolce e melodioso -, e l’ho permesso di movimentare tutta l’opera. Il mio Magnificat si esprime infatti in un’unità ternaria ‘mobile-immobile’ che riflette sia l’evento biblico sia il modo in cui un credente ne rivive oggi il senso: allude a Maria, all’Angelo e allo Spirito.
Come un coro a due voci, Maria in basso è rappresentata come ‘piena di Grazia’ simbolicamente adombrata da vari tipi di oro. Da lei salgono poi verso Dio, il grande ‘sol iustitiae’ nella zona superiore, note armoniche che si irraggiano dai tre pentagrammi disposti su di ogni tavola. Ho cercato cioè di tradurre in termini visivi un sensibile vibrato interiore, configurando un’esperienza ‘musicale’: di far sì che tutto si facesse armonia cosmica ‘sacramentale’. Volevo che questa sinfonia irradiasse tutta l’opera—anzi, che la musica gioiosa uscisse dal quadro per avvolgere lo spettatore.
Nel comparto centrale, come a suggerire il moto musicale del canto, il pentagramma è interrotto. Nei due pannelli laterali, invece, i pentagrammi uniscono il creatore alla creatura senza alcuna interruzione: Dio, infatti, ama ab aeterno la sua creatura, prescelta come scrigno del corpo di Gesù. Mi sembrava che già il rapporto dialogico dei pannelli, che si muovono in sincronia musicale, sia talmente ‘udibile’ che bastasse un minimalismo formale, senza tuttavia rinunciare al peso spirituale e, insieme, sensitivo della materia, ‘leggibile’ come tessitura dello stesso canto simbolico.
I colori sono tutti gradazioni del bianco che dal beige arriva fino all’oro composto solidificato nei pentagrammi. Lo strato su cui poggia il colore e la foglia oro è la carta su legno, più densa ed estesa nei pannelli laterali e più rada in quello centrale. In questa opera, segno e testimonianza anche di una mia gratitudine personale, volevo cogliere la perfezione del rapporto tra Dio e l’essere umano: dire, come Maria nella sua semplicità, ‘Grazie’. Perché il ‘cantico’ della Vergine non è solo un canto: è risposta umana agli infiniti silenzi di Dio, che in Maria si fanno Parola e poi Corpo. Io credo che l’arte anche non figurativa, se traduce veramente questa Parola, diventa vita corporea. Infatti “…ho capito che la parte invisibile del nostro e di ogni corpo non è meno importante di quella visibile”, come diceva Kengiro Azuma, scultore ottantenne presente nella Collezione Paolo VI in Vaticano. Come lui spero di facilitare, in chi vede le mie opere, un passaggio dal visibile, conosciuto attraverso i sensi, all’Invisibile, sperimentato nel proprio intimo--quel punto di vista ‘altro’ in cui l’artista trasmette ciò che il Divino ha operato in lui. L’arte sacra contemporanea opera frequentemente con questa modalità; parte da un’assenza – il corpo, il volto di Cristo ad esempio - per arrivare ad una Presenza visibile non iconica. Non narra del Divino, ma invita chi la contempla a partecipare personalmente al dialogo tra l’artista e Dio, tra la creatura ed il suo Creatore.

Bibliografia di riferimento:
- ‘Paolo VI sull’arte e gli artisti’. Discorsi,messaggi e scritti. 1963-1978. Ed.Istituto Paolo VI, Brescia, 2000.
- Giovanni Paolo II, ‘Lettera agli artisti’, documenti Santa Sede, EDB 1999.
- Benedetto XVI ‘Incontro con gli artisti’, Libreria Editrice Vaticana, 2009.







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